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Don De Lillo - Il pessimista d'America
Del 16/02/2013 di Angela Fiore - De Lillo sfugge alle definizioni e ha un rapporto conflittuale con i critici americani

"Credo che uno scrittore debba necessariamente essere contro qualunque cosa il potere cerchi di imporci".
Questa attitudine, espressa come una dichiarazione di intenti, caratterizza da sempre non solo la produzione letteraria di Don De Lillo, ma anche la sua attitudine generale verso tutto ciò che è istituzionale, dalla politica alla critica letteraria.
Poco propenso a compiacere chi vorrebbe incasellarlo in un particolare genere ("post-modernista" è la definizione più gettonata), ha reagito alle onorificenze così come alle più aspre critiche, con la stessa indifferenza venata di sarcasmo.
Questa irrequietezza, rispetto alla sensazione di trovarsi all'interno di un recinto, si riflette nei suoi lavori - ne è un esempio lampante la recente raccolta di racconti L'Angelo Esmeralda - che spaziano fra i contesti e le situazioni più disparate. Sebbene alcuni temi e scenari ricorrano, in particolar modo la geografia urbana di New York e il potere catartico della violenza, è praticamente impossibile definire in modo unitario le atmosfere dei suoi libri. Si va dal più meschino degrado urbano, allo spionaggio internazionale, dal lessico familiare dell'alta borghesia alla solitudine di un astronauta in orbita nello spazio.
Come avviene per qualunque autore americano che manchi di esaltare lo stile di vita degli USA, De Lillo è stato accusato di antiamericanismo, in particolare dal critico George Will, che lo accusò di biasimare l'America per Lee Harvey Oswald: De Lillo rispose negando l'accusa e affermando di biasimare l'America per George Will.