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Nelson Mandela, il potere delle parole
Del 13/02/2013 di Angela Fiore - La rivoluzione esemplare di un leader che ha cambiato la storia

La storia di Nelson Mandela, simbolo della lotta all'apartheid, imprigionato per 27 anni e, infine eletto presidente del Sud Africa nella prima elezione libera e rappresentativa del paese, è nota a livello mondiale, ormai quasi leggendaria.
Ci sono, tuttavia, due elementi significativi della sua vicenda politica e umana che non sono noti a tutti e che, pure essendo pubblici e documentati, non vengono spesso analizzati.
Il primo fatto poco pubblicizzato è che Mandela non fu sempre contrario alla violenza: dopo che, nel 1960, la polizia sparò sulla folla uccidendo 69 militanti in una manifestazione del Congresso Panafricano, in quello che passò alla storia come il massacro di Sharpeville, Mandela caldeggiò a lungo la lotta armata, come unico mezzo per reagire a una dittatura sanguinaria. La non violenza si rivelò la strada migliore sul piano pratico, non su quello morale.
L'altro fatto spesso dimenticato, infatti, è che il governo promotore dell'apartheid, fin dall'inizio, temeva Mandela non perché organizzasse azioni violente, ma per il potere delle sue parole. Arrestato per la prima volta nel 1952, con l'accusa di comunismo, la sentenza di reclusione fu sospesa, ma gli fu imposto il divieto, per un periodo di sei mesi, di presenziare a riunioni o di parlare con più di un individuo per volta.
Il potere dirompente delle parole di Nelson Mandela, che emerge anche dalla recente raccolta di scritti e citazioni in Mandela, Parole per il Mondo, ha custodito e sviluppato il germe della libertà e dell'indipendenza, della fiera avversione alla prevaricazione dell'uomo sull'uomo.