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Rosa Barba e il cinema "fisico"
Del 04/05/2013 di Lucia Conti - L'approccio sperimentale e feticistico dell'artista siciliana.
Rosa Barba è una visual artist di origini siciliane che risiede e lavora a Berlino.
Inizia giovanissima la sua attività di fotografa dando corpo ai suoi primissimi film in super 8.
Il primo film in 16 mm, "Panzano", risale al 2000, periodo in cui l'artista studia presso l'Academy of Media Arts a Colonia, ed ha un'impostazione sperimentale che pone in contrasto i personaggi, gli spazi in cui si muovono e la macchina che li riprende, in un intreccio di schemi e rituali che risultano, alla fine, una riuscita metafora della famiglia e della sua strana intimità.
Insieme ad artisti come Matthew Buckingham, Tacita Dean, Luke Fowler e Ben Rivers, rivendica l'importanza del cinema analogico nell'era digitale.
Focalizza la sua attenzione prevalentemente sulla società e sul paesaggio, spesso interagendo con gli abitanti dei luoghi in cui gira e coinvolgendoli nella realizzazione del film, com'è avvenuto per "Outwardly From Earth's Center", prodotto sull'isola svedese di Gotland, la seconda isola più grande del mar Baltico.
Le sue sculture e installazioni scompongono gli elementi sia fisici che concettuali del cinema per creare nuovi oggetti che assecondano il feticismo "retrò" dell'artista, affascinata da celluloide e proiettori non meno che dal risultato finale fatto di immagini che prendono corpo sullo schermo.
Nel 2013 l'installazione "Coro Spezzato, The Future Lasts One Day", già precedentemente parte della Biennale di Venezia, nel 2009, vince il Nam June Paik Award ed è esposta anche al Kunstpalast di Düsseldorf.
L'opera declina lo stile policorale veneziano mediante l'utilizzo di cinque proiettori 16mm al posto dei cori da chiesa, mentre le parole che scorrono sulle pareti della galleria rappresentano un'eco naturale e il complemento finale del suono.